Questa perla di saggezza Jedi riassume perfettamente l’argomento di questo post: la nostra realtà è formata dalla nostra percezione del mondo in cui viviamo, che a sua volta dipende da ciò su cui focalizziamo la nostra attenzione.

Ne Il fattore fortuna Wiseman racconta di aver chiesto ai soggetti del suo esperimento di sfogliare un giornale e riferirgli il numero di foto in esso contenuto. Le persone che si definivano sfortunate ci mettevano mediamente un paio di minuti. Quasi tutti i sedicenti fortunati, invece, portavano a termine il compito in pochi secondi: la seconda pagina del giornale riportava un messaggio. Grande mezza facciata. Scritto in un carattere enorme, alto più di 3 cm.

Smetti di contare.
Questo giornale contiene 43 fotografie.

Gli “sfigati” non si accorgevano di questa scritta.
Erano troppo focalizzati su altro per notare la presenza o l’insorgere di oggetti o eventi inaspettati.

Sembra incredibile, vero?

Si tratta di un fenomeno cognitivo chiamato “cecità attenzionale”

Potrei spiegarlo a parole, ma forse faccio prima a fartelo sperimentare :)
Guarda questo video, e prova a contare quante volte i giocatori con la maglietta bianca si passano la palla.

Come è andata?

Hai notato il gorilla che passava tra i giocatori?
E il colore dello sfondo che è cambiato?
E il giocatore nero che ha lasciato la scena?

Almeno il 50% delle persone, quando si concentra su un compito del genere, non ha percezione degli eventi inattesi.
Finché non gli vengono fatti esplicitamente notare, è come se fossero invisibili.

La percezione cosciente è guidata dall’attenzione

Possiamo immaginare l’attenzione come una grossa torcia che utilizziamo per illuminare il mondo che ci circonda e mettere a fuoco gli oggetti che ci interessano.

L'attenzione è come un riflettore che ci permette di percepire gli oggetti che popolano la scena in cui viviamo.

È come un riflettore che ci permette di percepire gli oggetti che popolano la scena in cui viviamo.

Il fascio di luce – che può essere allargato o concentrato alla bisogna – ci permette di percepire consapevolmente ciò su cui viene posto: l’area illuminata è a fuoco, ciò che si trova ai margini del cono di luce è visibile ma poco definito, mentre il resto degli stimoli sensoriali viene ignorato ed escluso dalla percezione.

Anche se di solito la dirigiamo in maniera volontaria sugli stimoli per cui proviamo maggiore interesse, l’attenzione è strutturata in modo da poter essere automaticamente attratta – in maniera pre-cosciente e non intenzionale – da alcune specifiche tipologie di stimoli sensoriali.

I contrasti e le discrepanze colgono la nostra attenzione in maniera immediata e indipendente dal controllo volontario.

I contrasti e le discrepanze colgono la nostra attenzione in maniera immediata e indipendente dal controllo volontario.

In condizioni normali, per esempio, la comparsa di un mutamento alla periferia del campo visivo – sia esso un cambiamento di luminosità o di colore, un movimento inatteso o la presenza di un oggetto incongruo con le nostre aspettative – richiama immediatamente l’attenzione sulla fonte dello stimolo, permettendoci di controllare velocemente se non ci sia un orso da cui scappare, un malintenzionato da cui difendersi, una lepre da cacciare o un frutto succulento da raccogliere.

Questo breve attimo di autonomia della torcia attenzionale è sufficiente per regolare il nostro comportamento, come quando schiviamo istintivamente un ostacolo o afferriamo un oggetto al volo. Affinché l’informazione giunga a percezione è necessario poi fare un secondo passo, e porre consapevolmente l’attenzione su ciò che ha generato lo stimolo (“Cos’era quella cosa che ho schivato?” o “E quella luce che non dovrebbe essere li? Ah, sono in riserva!” ma anche “Mmmmm! Fragole!”).

Quando le nostre risorse attenzionali, cognitive ed interpretative sono concentrate su un compito o un oggetto, però, la nostra facoltà innata di percepire gli stimoli involontari si riduce drasticamente: l’attenzione selettiva ci porta a ignorarli, rendendoci “ciechi” alla presenza di oggetti ed eventi che non sono direttamente correlati all’oggetto della nostra attività primaria.

Si, ok, ma perché gli “sfigati” sarebbero più ciechi degli altri?

I soggetti più sfortunati – in base ai test a cui sono stati sottoposti – risultavano essere anche i più ansiosi.

L’ansia altera il meccanismo dell’attenzione e ci impone di dare priorità totale alle informazioni legate a potenziali minacce.

L'ansia ci porta a focalizzare l'attenzione sui dati negativi

Un esempio di negativity bias

Per salvaguardare la nostra esistenza anticipando l’insorgere di eventuali eventi spiacevoli e mettendoci in guardia prima che questi si manifestino essa:

  • aumenta la nostra sensibilità ai potenziali pericoli;
  • restringe il campo percettivo per individuare ed elaborare più velocemente eventuali segnali di conferma;
  • fissa l’attenzione sulle possibili fonti di pericolo;
  • focalizza le risorse cognitive sulle operazioni che considera necessarie per prevenire, contenere o evitare situazioni potenzialmente spiacevoli o letali.

È un meccanismo fondamentale per la sopravvivenza, ma molto delicato.

Se lo stato ansioso si prolunga in maniera non fisiologica o si ripete con eccessiva frequenza, infatti, il sistema di detezione delle minacce può diventare talmente sensibile da attivarsi in continuazione e subissare l’attenzione di campanelli d’allarme, rendendola indisponibile al controllo volontario, alla percezione non intenzionale degli stimoli inattesi e all’elaborazione delle informazioni neutre.

Monopolizza le risorse cognitive

Le nostre risorse cognitive sono monopolizzate dai segnali di allerta.

Chi è preda dell’ansia si trova a percepire un mondo esterno costituito quasi esclusivamente da difficoltà, trappole, pericoli, fregature e insidie di cui non può non pre-occuparsi.

Il suo sistema cognitivo si educa a considerare poco rilevante tutto ciò che non è attinente con lo scopo primario di sopravvivere alle sfide ed evitare situazioni indesiderate, e altera il modo in cui la persona fa esperienza della realtà al punto da influenzare anche la sua visione del mondo e i suoi sistemi di credenza.

Ovviamente l’ansia è solo uno dei tanti fattori che possono influire sulla nostra percezione.

Giusto per citare alcuni esempi :

  • stress e rabbia restringono il nostro campo percettivo;
  • il sovraccarico mentale riduce le risorse cognitive disponibili per processare nuovi stimoli;
  • l’overload di stimoli rende più difficile selezionare le informazioni potenzialmente rilevanti;
  • un’eccessiva e prolungata stanchezza ci manda in modalità di risparmio energetico escludendo i processi meno necessari alla sopravvivenza;
  • l’abitudine e gli automatismi ci rendono meno ricettivi.

Anche il multitasking riduce la nostra capacità di percepire gli stimoli esterni.

Ripetuti esperimenti hanno evidenziato, per esempio, che chi cammina mentre parla al cellulare è più lento nell’evitare gli ostacoli, e spesso non è consapevole della natura dell’oggetto scansato. Nemmeno quando si tratta di cose che in altre circostanze avrebbero potuto incuriosirlo, come per esempio un pagliaccio sul monociclo o di un albero a cui sono appese banconote.

È possibile volgere questa situazione a nostro vantaggio?

La selettività dell’attenzione è un limite, e nel contempo una feature: un sistema di gestione delle risorse cognitive è fondamentale sia per avere un’esperienza sensata e coerente del mondo, che per dirigere le nostre azioni in maniera efficace.

L’attenzione è una risorsa limitata, però.
E corre il rischio di essere consumata senza cessa dall’abbondanza di stimoli sempre più rapidi e continui di cui ci bombarda l’ambiente in cui viviamo. Citando Herbert Simon (premio Nobel per l’economia nel 1978): “l’abbondanza di informazione genera una povertà di attenzione e induce il bisogno di allocare quell’attenzione efficientemente tra le molte fonti di informazione che la possono consumare”.

Per metterci in condizione di aprire il nostro sistema percettivo e:

  • notare ciò ci circonda;
  • concedere attenzione agli stimoli presentati dal nostro sistema sensoriale;
  • individuare le situazioni positive o potenzialmente interessanti;
  • e cogliere per tempo le opportunità;

è quindi essenziale imparare a gestire l’attenzione con consapevolezza, impedire che venga risucchiata da processi poco economici, e operare le strategie necessarie per ripristinarla nei momenti in cui è ridotta o affaticata.

Nel prossimo post mi piacerebbe parlare proprio di questo.

Se però ti è già venuta voglia di “mettere le mani in pasta”, puoi iniziare a fare i conti col modo in cui indirizzi la tua percezione e determini la tua realtà facendo questo esercizio di attenzione consapevole.
Io l’ho trovato molto utile :-)

Bibliografia e riferimenti: