Sono cresciuta quando ci si chiamava sul telefono fisso, non c’era modo di disdire un appuntamento all’ultimo e le mamme non andavano in panico quando non sapevano dov’eri. Quando mi allontanavo da casa, chiamavo una volta alla settimana. Dalla cabina telefonica. Avevo sempre pochi spicci e i miei si accontentavano di un “Ciaotuttobeneevoi?” sparato alla velocità della luce seguito dall’immancabile Piiii… Piii… Piiii… della  linea caduta ;-)

Poi a mia madre regalarono un cellulare, una mattonella da 800 grammi che veniva caricata, accesa e affidata con reverenza a mo’ di talismano a chi di noi andava fuori città.

Da allora sono passati 20 anni, e il telefonino è diventato tascabile e ha inglobato piccione viaggiatore, walkman, agenda, stradario, gioco, libro e blocchetto per gli appunti, trasformandosi in uno strumento di accesso immediato a tutto lo scibile umano.

Eppure a tratti mi sembra di aver abdicato a una parte della mia libertà.

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Se ogni volta che aspetti in coda, attendi al semaforo, aspetti i bambini, ti annoi in riunione, sei in treno o sei seduto sul water allunghi la mano verso il tuo cellulare per riempire il momento di vuoto, allora questo ebook potrebbe fare per te!
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La libertà di annoiarmi, per esempio, e quella di oziare.
La libertà di non togliermi subito un dubbio, ma di concedermi lo spazio per lasciarlo fermentare e gorgogliare e produrre nuove sinapsi da osservare mentre fanno cortocircuito tra loro.
La libertà di non ottimizzare ogni minuto e di non essere sempre in condizione di poter sempre fare tutto subito e ovunque.
La libertà di lasciare i piccoli stress domestici o lavorativi nel loro ecosistema di pertinenza, invece di portarmeli dietro ovunque a mo’ di portatore sherpa.
La libertà di perdermi, quella di mangiare un pasto caldo senza farlo scuocere mentre cerco la luce adatta per fotografarlo, quella di prendere un’aperitivo con una persona invece che con la periferica umana di un telefono.

Ma soprattutto a quelle di scandire e gestire il tempo indipendentemente dai continui stimoli esterni e di poter staccare, senza essere continuamente inserita in un (per me faticosissimo) contesto sociale.

Il blip! segnala, non comanda.

Essere connessi ci permette di fruire di una sorta di “senso accessorio” non vincolato dalla prossimità fisica. In questo contesto – in quanto sottopone alla nostra attenzione il fatto che qualcuno ci sta cercando o che qualcosa potrebbe interessarci – la notifica funziona come un’emozione o una sensazione.

Daniel J. Levitin - La mente organizzata
Il multitasking aumenta la produzione di cortisolo e adrenalina (gli ormoni dello stress e del “combatti o scappa”) e innesca un circolo vizioso di dipendenza dalla dopamina, che di fatto 'premia' il cervello ogni volta che si risponde al telefono, cerca qualcosa su internet, controlla la posta, invia un sms; ognuna di queste attività, infatti, modifica i centri del cervello deputati alla ricerca della novità e della ricompensa, provocando uno scoppio di oppioidi endogeni che disturba la nostra capacità di concentrazione.
Daniel J. Levin | The organized mind (en)
Cfr. anche Repubblica | Corriere | Dagospia (it)

Esattamente come per i nostri sensi interni ed esterni, l’informazione non impone una reazione: come la nostra capacità di attenzione non è indiscriminatamente attivata da tutti i suoni che sentiamo o da qualunque cosa penetri il nostro campo visivo, non siamo vincolati a interrompere qualsiasi cosa stiamo facendo per vedere cosa ci sta segnalando una notifica.

Quando questo accade, è come se l’email, Facebook, WhatsApp, il blog, il computer e il telefono stesso avessero smesso di essere strumenti e risorse per assumere un ruolo dirigenziale nella personale sala comandi che gestisce la nostra vita.

Come si medita per ricreare un corretto distacco e rimettere in prospettiva pensieri ed emozioni, è anche sano concedersi -e talvolta imporsi- di distogliere l’attenzione cosciente dai bzzzz…, dai blip! e dai popup che ci bombardano in continuazione.

Più digital detox per tutti, dunque? Sni. Il detox è una sorta di reset e riavvio: ci sta, ma dopo un sovraccarico, in vacanza o nei momenti di bisogno, non necessariamente come abitudine quotidiana :-)

La mia personale strategia antistress è quella di riservare al telefono dei momenti ad hoc.

Sono la dispersività incarnata e faccio normalmente molta fatica a focalizzare l’uso delle mie risorse e non diluire la mia capacità di attenzione fino al punto di non averne più alcuna. Per me contenere il tempo che dedico al più temibile strumento di overload da input è una necessità fatta e finita :-P

Conosci la modalità non disturbare?
La modalità non disturbare è un'invenzione meravigliosa. la conosci?

Il mio telefono – pur essendo addestrato a fare eccezione per una specifica lista di contatti – è impostato in modo da passare automaticamente in modalità zitto-e-muto dopo le 22 e quando il calendario gli dice che sono occupata.

E, in assenza di emergenze e di circostanze in cui è prioritario comunicare in maniera più immediata, tendo a disattivare la sincronizzazione automatica delle applicazioni e ad assegnare dei momenti ben definiti della giornata ai social, alla mail, alla messaggistica e alle comunicazioni in generale. Meno notifiche push, insomma, e più “adesso che ho tempo controllo mail, messenger & co.” stile primi anni del secolo :-P

L’immagine nella testata del post è una foto di uno dei simboli di Isabella d’Este, rappresentato in un fregio del suo studiolo personale nel Palazzo Ducale di Mantova. È l’impresa del silenzio (anche detta impresa delle pause), e raffigura una chiave di contralto – quella della sua voce -, i tempi musicali e delle pause simmetriche, seguite dal segno della ripetizione.

Una pausa prolungata, il suono del silenzio, il vuoto che fa risaltare il segnale.
Quasi quasi l’adotto per me stessa :-)